Stalking, la sindrome del molestatore assillante, è un termine che indica una serie di atteggiamenti persecutori, perpetrati da un individuo nei confronti di un'altra persona, che procurano stati d’ansia fino a degenerare in vere e proprie condizioni di paura.
Nella legislazione italiana tale atteggiamento è considerato un atto persecutorio, in quanto si concretizza in atti di intrusione nella vita privata della vittima, quali, ad esempio, appostamenti, tentativi di contatti personali, pedinamenti, telefonate, sms, mails, invio di lettere e oggetti non richiesti, fino a degenerare in vere e proprie aggressioni fisiche.
I contesti più diffusi sono per il 55% la relazione di coppia, 25% il condominio, 0,5% la famiglia, mentre il 15% succede sul posto di lavoro, scuola o università e si differenzia dalla semplice molestia per l’intensità, la frequenza e la durata. Non esiste un identikit specifico del persecutore che può essere un ex partner, un vicino di casa, un familiare o addirittura un estraneo, anche se tendenzialmente è una persona vicina alla vittima.
Lo stalking in Italia è considerato reato di atti persecutori secondo l’articolo 612-bis c.p., introdotto con il D.L. 23 febbraio 2009 che è andato a colmare un vuoto normativo finalizzato a tutelare i soggetti più deboli delle tragedie preannunciate. Lo stalking ad oggi è infatti punito con “la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
Di recente uno spot anti-stalking sul portale della Regione Lombardia, sul sito internet dedicato (
http://www.stopstalking.it/sito/) e su variati cartelli posizionati in zone critiche delle città, hanno dato il via ad una campagna di tutela delle donne. Sono stati istituiti due sportelli presso l'Ospedale Niguarda di Milano e l'Ospedale di Lecco che, avvalendosi della competenza dell’associazione “Telefono Donna”, e dell’aiuto di operatrici volontarie, consulenti, assistenti sociali e psicologiche, hanno l’obiettivo di aiutare le donne a riconoscere e insorgere contro tali persecuzioni.
Nel solo capoluogo lombardo, lo stalking coinvolge il 21% della popolazione con telefonate (65%) o pedinamenti (30%). Nell’ 87% dei casi la vittima conosce l’autore, e solamente nel 20% dei casi lo denuncia, mentre il 17% mostra indifferenza, il 30% vive stati forti di ansia, il 33% preoccupazione e il 20% soffre di disturbi del sonno.
La cronaca giudiziaria ci da' infatti svariate testimonianze di come questa sia una realtà che assilla molte donne, anche se ancora molte non hanno il coraggio di denunciare il fatto e il proprio persecutore e spesso violazione della libertà individuale e della privacy si inseriscono in un contesto di relazioni sentimentali che degenerano in atti di violenza.
Ma se i numeri sono asettici e numerose volte non rendono il vero significato di ciò che rappresentano, ecco un fatto recente. Il Tribunale penale di Monza l’8 febbraio 2011 ha condannato P.R., fotografo di Sesto San Giovanni di 47 anni, a 6 anni di reclusione per i reati di estorsione, sequestro di persona, stalking e lesioni personali nei confronti dell’ex fidanzata S.M., infermiera di 39 anni. Tutto ha inizio da una sua infondata gelosia verso la fidanzata in quanto convinto che lei lo tradisca. Comincia così a minacciarla di diffondere fotografie che la ritraggono nuda se non riceve una somma di denaro. Al momento dell'incontro però lui la trattiene con la forza, picchiandola e accusandola dei tradimenti per i quali ottiene una falsa confessione dalla donna, ormai stremata, e la promessa di pagare danni morali per 30.000 euro (oltre ad ottenere subito un assegno da 5.000 euro). P.R. Continua però a seguirla, appostandosi sotto casa, telefonando sia a lei che ai familiari, inviando sms e mail nei quali cerca di giustificarsi per le violenze commesse raccontando ad amici, parenti e al datore di lavoro i suoi presunti tradimenti.
Solo a questo punto M. denuncia i fatti di stalking e lui viene arrestato e messo agli arresti domiciliari. Uscito, però, continua a chiedere di lei e a lasciarle messaggi sul parabrezza dell'auto. A metà luglio 2010 torna in carcere.
Questo fatto deve essere un esempio e un messaggio di speranza per tutte le donne che sono intrappolate nella paura e nell'incapacità di reagire davanti ad una condizione di paura e violenza.